27.5.10

Serve partecipazione

Berlusconi e Tremonti dicevano che la crisi era solo "percepita". Ieri Gianni Letta ha preannunciato «sacrifici duri». Il premier, quando si tratta di dare cattive notizie, sta a casa.
Il governo pensa di far fronte alla pesantissima crisi economica (quella che fino a pochi mesi fa - dicevano Berlusconi e Tremonti - era solo percepita, una litania iettatoria dei comunisti uccelli del malaugurio: quella) con tagli e misure che Gianni Letta definisce «sacrifici duri», il presidente del Consiglio quando si tratta di dare cattive notizie sta a casa che fa brutta impressione e cala nei sondaggi. Se lo dice Letta è meglio, vai avanti tu. Due o tre esempi dei duri sacrifici che questo giornale da molte settimane anticipa: blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici, blocco degli organici della scuola, taglio del 50 per cento dei contributi pubblici ai partiti politici (tanto ci sono partiti che non hanno bisogno del denaro pubblico, usufruiscono di quello privato. È agli altri che si vuol togliere l'ossigeno) e naturalmente, com'è nella filosofia del governo del fare - fare un po' quel che ci pare - un altro bel condono edilizio, questa volta lo trovate sotto la dicitura «sanatoria catastale», meglio confondere i nomi che così la gente non capisce: chi ha fatto il furbo ed ha costruito in barba alla legge ha fatto bene, come si sa basta avere i soldi e pagare la multa, chissenefrega delle regole, quelle sono per i poveracci. Il ministro Gelmini suggerisce intanto che le scuole potrebbero riaprire ad ottobre, così i bambini potranno fare tante belle vacanze e se ne avvantaggerà la coesione familiare e l'industria del turismo. Pazienza per la didattica, tanto la cultura e l'educazione sono beni inessenziali e generalmente privilegiano la sinistra, istruirsi rende infine capaci di pensare e perfino di criticare, una volta diventati adulti, meglio di no. Non dice, il ministro, chi pagherà agli italiani a reddito bloccato e ancor più a quelli che vedono oggi svanire la speranza di avere un impiego la pensione completa al mare o l'ostello in montagna per tutta la famiglia da giugno a ottobre, sono quattro mesi di belle vacanze, i bimbi per quattro mesi a casa in un appartamento al quarto piano è difficile tenerli, bisognerà pure portarli all'aria e dar loro nel frattempo da mangiare, son cose che costano. Non deve averci pensato. La premessa per dire che in questa situazione - ce ne sarebbero di cose a cui pensare, non trovate? - quel che toglie il sonno, letteralmente, alla maggioranza parlamentare di governo opportunamente istruita dal comandante in capo ed impegnata in queste ore in estenuanti sedute notturne è fare una legge che vieti ai giornali, al web, alle tv (ma di quelle non c'è da preoccuparsi, ormai, l'opera è quasi completa) di dare notizie. Per l'esattezza cattive notizie, che le previsioni del tempo si potranno continuare a dare in tranquillità e anche i casi di letargia improvvisa dei delfini ed ogni sorta di strano ma vero di quelli che, spiegava l'altro giorno il direttore del Tg1, tengono gli italiani incollati alla tv e consentono a lui di non farsi scavalcare negli ascolti. Bene, per il Tg1, che ha comunque perso in pochi mesi un milione di spettatori ma si sa che la Rai è un'azienda pubblica mica un editore, se i risultati sono scarsi è persino meglio per la concorrenza e comunque se c'è da pagare un prezzo lo paghiamo noi col canone.
No, sono le altre notizie che non si dovranno più dare: quelle che raccontano di corruzione e di malaffare, di mafie, di abusi e stupri, di omicidi, di violenza. Basta, non se ne parli più. Con meccanismi che prevedono multe esose agli editori, e che dunque mettono alla fine gli editori (quelli piccoli, quelli che non controllano i tre quarti del mercato come ad altri, diciamo pure ad uno, capita) nelle condizioni di far pressione sui direttori e dunque sui giornalisti perché evitino di scrivere qualcosa che possa risultare così caro da far chiudere. In sostanza: il problema per questo governo non è la cricca di corrotti ma chi ne parla. Non le mafie che uccidono e fanno affari ma chi ne scrive. Non chi violenta i ragazzini ma chi lo comunica, diffondendo evidentemente cattivo umore. La privacy non c'entra niente. Le leggi sulla privacy esistono e basterebbe applicarle. E' una legge che non protegge nessuno se non chi delinque. E' una legge per le cricche.
È talmente irragionevole, insensata e pericolosa che tutti i direttori di giornale si sono riuniti ieri, per lanciare l'allarme. Da destra e da sinistra, per una volta. Perché non c'è chi non veda come impedire la divulgazione delle notizie è l'anticamera del silenzio da cui non c'è ritorno, quello che sempre accompagna il declino delle libertà. Tutti i regimi hanno avuto in odio la libertà di parola, i regimi mediatici la manipolano e dove non possono arrivare comprandola la silenziano. Non è una battaglia dei giornalisti, questa. Non una battaglia di categoria. Il tema è la sorte degli italiani. In gioco, come capita nei momenti cruciali della storia, è la capacità di vedere il futuro nel presente e di individuare in questo momento, proprio in questo, il minuto esatto in cui cambia la qualità della società in cui viviamo. La fine della democrazia, per dirlo chiaro, così come l'abbiamo fino ad conosciuta.
P.S. Due parole, in margine, su di noi. Su questo giornale. E' sorprendente come proprio nel momento in cui il governo sferra l'attacco finale all'informazione ci sia chi, da sinistra, si gingilla a far dispetti a suocera perché nuora intenda, come nel vecchio costume che tanti danni ha prodotto al centrosinistra e che ancora, purtoppo, resiste. Ieri la cosiddetta Velina Rossa del collega Pasquale Laurito, che l'ultima volta che si è occupato di noi è stato per annunciare che la dicitura «Fondato da Antonio Gramsci» sarebbe scomparsa dalla testata in procinto di diventare giallina, ha parlato di questo giornale come del "Corriere dei Piccoli" della politica che non "esprime la linea politica" ufficiale del Pd. Dev'essere sfuggito alla Velina che da quasi due anni l'editore di questo giornale è Renato Soru, imprenditore, e che da molto tempo l'Unità non è l'organo ufficiale di alcuno ma al contrario un luogo aperto dove le opinioni e le posizioni interne al Pd e al centrosinistra si confrontano in libertà. Quanto ai piccoli, è possibile che chi non ha dimestichezza con le nuove tecnologie - un po' come Berlusconi che chiama Google Gogol - le consideri un passatempo da bambini. Il mondo cammina, intanto. Nell'ultimo anno l'Unità si è trasformata in uno dei più frequentati siti internet d'informazione d'Italia, centinaia di migliaia di persone visitano il giornale ogni giorno, ha raggiunto il primo risultato italiano e il quinto nel mondo nel rapporto tra utenti di Facebook e lettori, è il preferito dagli italiani sull'Iphone e presto arriverà su Ipad. Il giornale di carta ha avuto il miglior risultato di incremento di lettori nel 2009, ha superato i 350 mila, ed ha ottenuto l'Oscar dell'aumento di copie vendute tra i quotidiani nello stesso anno. Ciò nonostante, e per uscire dalle secche in cui altri l'avevano lasciato, ha affrontato una pesante ristrutturazione ed ha aumentato il prezzo di vendita, ciò che da febbraio ha comportato un fisiologico calo rispetto all'anno passato, unico dato di cui il Tg1, tanto per restare in tema, abbia dato notizia tra i molti elencati sin qui. La strada è certo molto lunga e in salita ma noi, con l'aiuto dei nostri lettori, la affronteremo. Anche a costo di violare le leggi di Berlusconi e di dispiacere alla Velina rossa. Lo faremo per i grandi e soprattutto per i piccoli: noi ce ne andremo prima, loro resteranno.

Concita De Gregorio

Watching: Dio e Berlusconi, Benigni
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