
My friend Andrea, working at cesulalab has been part of a project about the Italian earthquake in Abruzzo.
Images were given by the subjects portrayed in the photographs, recovered form the ruins of the earthquakes. They represent an intimate expression of what ties them to their daily lives and as a point of reference.
The complete set can be found here
Come avviene per qualsiasi evento giornalisticamente ghiotto, la rappresentazione mediatica del terremoto in Abruzzo ha conosciuto differenti fasi. Buona parte dei media ha accuratamente selezionato i contenuti da diffondere in base a criteri commerciali: la prima fase è stata quella sensazionalisticamente più vendibile, per passare poi ad una riproposizione ciclica estenuante delle stesse immagini, con l’inevitabile effetto della normalizzazione. Questa potrebbe prendere una piega pericolosissima assolutamente da scongiurare, dato che, a causa del processo di saturazione mediatica, in cui la rappresentazione degli eventi diviene la realtà stessa, gli spettatori si assuefanno ad una situazione che nella sua precarietà sta diventando preoccupantemente stabile, permanente.
Migliaia di persone vivono tutt’ora nelle tendopoli: questa, oggi, è la norma. Questa nuova stabilità deve tornare a essere considerata a-normale, da superare.
Le foto di famiglia erano prima appese ai muri domestici, oggi sono fissate precariamente ai teli delle tende o custodite gelosamente nelle valigie.
Le immagini sono state messe a disposizione dai soggetti ritratti che le hanno recuperate dalle macerie delle case distrutte dal sisma. Esse costituiscono pertanto l'espressione di un'intimità profonda che le lega alla quotidianità alla quale queste persone devono al più presto tornare.