22.1.10

Soldati o farmaci?

Oggi siamo riusciti finalmente a far atterrare un aereo. Questo ci ha sollevato un po’, anche se la situazione resta drammatica e le prospettive non sono semplici. Circolano preoccupanti voci sulla possibile chiusura dell’aeroporto per favorire lo sbarco dei militari americani. Allo stato delle cose, con decine, anzi migliaia di persone che hanno bisogno di aiuti umanitari, ha più senso far atterrare soldati armati o aiuti medici per curare feriti e salvare vite umane?
Le nostre sale operatorie stanno funzionando a pieno ritmo, finora abbiamo fatto 450 operazioni, abbiamo a disposizione 10 sale operatorie e tre centri nei quali forniamo le cure basiche, ci occupiamo di abrasioni, lesioni, tutto ciò che non necessità interventi chirurgici. Da domani è operativo l’ospedale da campo, avremo a disposizione 100 letti, ciò significa che potremmo dare una risposta immediata: la nostra priorità resta questa infatti, la capacità di intervenire il più possibile e il prima possibile, la gente muore per mancanza di cure mediche, probabilmente avremmo potuto ridurre il numero delle amputazioni fatte se i farmaci fossero arrivati in tempo. Sapere che cinque dei nostri pazienti sono morti perché non è stato fatto atterrare un aereo ci riempie di rabbia.
Qui le necessità sono sempre le stesse: siamo nella prima fase dell’emergenza, dunque operazioni chirurgiche, parti a rischio, mancano acqua e cibo. Una grossa parte della città è ancora senza corrente elettrica. Port au Prince è quasi rasa al suolo, le persone vivono per strada o in campi allestiti in tutta fretta. Il problema, però, è che una volta che hai operato, la cosa non finisce qui: c’è la degenza, che dura giorni settimane mesi. La nostra più grande preoccupazione è che quando una volta finita l’emergenza Haiti tornerà nell’ombra.
Dimenticandosi che qui le strutture sanitarie non ci sono.

Stefano Zannini, capo missione di Medici senza Frontiere ad Haiti

Watching: Haiti as it was, produced by Zena Koo
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